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Garuḍa

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Statua di Garuda, Delhi, National Museum.

Garuḍa (devanāgarī: गरुड़; anche Garuda), è, nell'induismo, e più in generale nelle culture religiose orientali, il divino capostipite della stirpe degli uccelli. Viene partorito come uovo da Vinata.

Come divinità, è associato alla forza e alla vigilanza. È raffigurato sia in una forma zoomorfa (un uccello gigante con ali parzialmente aperte) che in una forma antropomorfa (un uomo con ali e alcune caratteristiche ornitiche). Garuda è generalmente rappresentato come una divinità protettrice, con il potere di viaggiare rapidamente ovunque, sempre vigile e nemico giurato dei serpenti.[1][2][3]

Il nome sanscrito Garuḍa viene reso così nelle altre lingue orientali:

  • cinese: 迦樓羅, Jiālóuluó;
  • coreano: 가루다 Garuda, Karuda;
  • giapponese: 迦樓羅 Karura;
  • tailandese: ครุฑ Krut;
  • vietnamita: Garuda, Ca-câu-la.

Per Alain Daniélou il nome di Garuḍa conserva la sua origine nella radice sanscrita gṛ="parlare"[4] (anche Uṇādisūtra, IV, 155), in tal senso Garuḍa rappresenterebbe le formule ermetiche e magiche dei Veda, grazie alle quali l'uomo può volare, ovvero innalzarsi verso i cieli divini.

Statua di Garuda all'entrata del tempio di Visnù a Belur, India
Garuḍa vāhana (cavalcatura) di Viṣṇu (XVIII secolo).

Nei Veda appare il nome di Garutmat, connesso all'espressione di suparṇa (dalle ali bellissime), volendo indicare un uccello o il sole alato (ad es.: Ṛgveda, I, 164, 46; X, 149, 3).

Nel Mahābhārata (ad es. in I, 33, 24 e V, 112, 1) Garuḍa viene espressamente indicato con il nome vedico di Garutman.

Il Matsya Purāṇa (256) ricorda come i Veda sono l'uccello che trasporta il signore dei sacrifici, Viṣṇu; quindi il suono dei sacrifici è il corpo di questo uccello (257).

La sua importanza nella religione induista può essere compresa dal fatto che un'Upaniṣad indipendente, la Garudopanishada, e un Purāṇa, il Garuḍa Purāṇa, sono dedicati a lui. Garuḍa è noto con molti altri nomi: Chirada, Gaganeshvara, Kamayusha, Kashyapi, Khageshvara, Nagantaka, Sitanana, Sudhahara, Suparna, Takshya, Vainateya, Viṣṇuratha e altri ancora.

Nei Veda è presente il più antico riferimento a Garuḍa, con il nome Shyena, laddove si dice che questo maestoso uccello avrebbe portato il nettare degli dei (amrit) sulla Terra dal Cielo; i Purāṇa, molto successivi, riferiscono lo stesso di Garuḍa, indicando che Shyena e Garuḍa siano la stessa divinità (o lo siano diventate nel tempo).

Una delle facce dello Śrī Panchamukha ("cinque facce", metamorfosi di Hanumat) è Mahavira Garuḍa, rivolta ad occidente. Si crede che pregando Garuḍa sia possibile curare gli effetti del veleno.

Nel Buddhismo

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Nella mitologia buddista, i garuḍa sono una razza divina di uomini-uccello, nemici dei naga, cui danno la caccia. Nel Mahasamyatta Sutta, si narra che Buddha abbia ottenuto una pace tra naga e garuda.[1]

Una versione di Garuda appare negli stemmi araldici della Thailandia e dell'Indonesia. Il Garuda tailandese è reso in uno stile antropomorfo più tradizionale, mentre quello indonesiano è reso in stile araldico con tratti simili all'aquila di Giava.

  1. 1 2 Robert E. Buswell Jr. e Donald S. Lopez Jr., The Princeton Dictionary of Buddhism, Princeton University Press, 2013, pp. 314–315, ISBN 978-1-4008-4805-8.
  2. T. A. Gopinatha Rao, Elements of Hindu iconography, Motilal Banarsidass, 1993, pp. 285–287, ISBN 978-81-208-0878-2. URL consultato il 7 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2023).
  3. Thomas E. Donaldson, The iconography of Vaiṣṇava images in Orissa, DK Printworld, 2001, pp. 253–259, ISBN 978-81-246-0173-0. URL consultato il 7 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2023).
  4. Alain Daniélou, The Myths and Gods of India, nota 3 p.160

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Controllo di autoritàVIAF (EN) 316445870 · BNF (FR) cb15825189q (data)
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